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Intervista con gli Adam Frei

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view post Posted on 30/9/2011, 13:55
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Intervista con gli Adam Frei

Di Andrea Turetta

“Empty Music Industry” rappresenta il debutto di Adam Frei, il nuovo progetto indipendente della band già nota a parte del pubblico italiano e soprattutto britannico con il nome The Afterglow. L’album, composto da 10 pezzi, è stato interamente prodotto, registrato e mixato con Dario Ravelli ai Suonovivo Studios di Bergamo, mentre il mastering, curato da Antonio Baglio, è stato effettuato al Nautilus di Milano. Ecco l’intervista rilasciata dal gruppo…

Molti vi hanno conosciuto come Afterglow, com’è poi avvenuto il “passaggio” al nuovo progetto musicale, Adam Frei?
Il progetto è piuttosto evidentemente una continuazione degli Afterglow, a partire dalla line up della band che è la stessa. Ma un motivo scatenante di questa decisione ovviamente c’è, ed è legato all’assoluta volontà della band di liberarsi dei legami discografici ed editoriali di ogni tipo che gli Afterglow avevano da anni e di muoversi nella più completa libertà contrattuale che naturalmente, per noi come crediamo per molti musicisti, è sinonimo di libertà artistica. In più certo il linguaggio musicale di Adam Frei, seppure nell’ambito del rock inglese che resta il nostro “campo di battaglia”, è abbastanza diverso da quello degli Afterglow, e ci piaceva che avesse una sua progettualità distinta, nuova.

Ci sono delle nuove esperienze e compositive che sono entrate nel vostro album, “Empty Music Industry”?
Certo, e forse anche più di quanto possa arrivare all’orecchio di un ascoltatore degli Afterglow che arrivi ad Adam. Tutto “Empty Music Industry” è stato concepito, arrangiato, prodotto in modo completamente diverso. Il tutto lavorandoci in 4 fin dall’inizio, senza quella che era la rituale, profonda preparazione e preproduzione iniziale che facevano Dave e Mick con gli Afterglow. Anzi, tutto questo fin dalla selezione delle canzoni che sono entrate a far parte dell’album.

Ci sono molte chitarre nel vostro album, merito anche dell’amore verso la musica cui fate riferimento?
Certamente sì. Ed anche della scelta, poiché crediamo di avere due ottimi chitarristi a nostra disposizione, di valorizzare l’aspetto guitar band al massimo possibile in questo disco.

Il vostro marchio di fabbrica è il riuscire a coniugare melodie immediate con testi importanti…
E’ quello che hanno sempre detto e scritto di noi negli anni, ed è una cosa che a noi piace molto, di cui andiamo fieri. Senza ovviamente azzardare paragoni altamente improponibili, è un “tipo” di scrittura che s’ispira molto alla bellezza e schiettezza del songwriting dei Beatles. E’ una impostazione che naturalmente numerosissime band negli anni hanno tentato di seguire, con maggiore o minore fortuna, è, come direbbe McCartney, la spasmodica ricerca della melodia universale, del pezzo che emoziona anche in semplice versione chitarra acustica e voce. Ecco, la prova del 9 per noi è questa: mettici sopra il vestito che ti pare, arrangialo allo sfinimento, ma se quando lo fai ascoltare nudo, chitarra e voce, non funziona, allora non è un buon pezzo.

Quanto conta la professionalità che si acquisisce concerto dopo concerto e di album in album?
Infinitamente. Conta forse più di tutto il resto. Noi siamo cambiati, in meglio per fortuna!, in modo impressionante nel corso anche solo degli ultimi 2 anni, con il bellissimo tour di “Sorry” (il secondo Lp degli Afterglow) e con l’esaltante esperienza in studio registrando “Empty Music Industry”. Immagina nel corso dei 13 anni che sono trascorsi dalla formazione della band!

fotoadamfrei1


Pensate ci fosse molta attesa da parte dei vostri fans per l’arrivo di questo album?
Crediamo di sì. Sappiamo di avere un nostro pubblico molto piccolo se paragonato ai big, è chiaro, ma diffuso davvero in tutto il mondo e con le idee molto chiare. Sappiamo che parte di questo pubblico è anche violentemente affezionato e che si aspetta molto da noi. Il che crea in noi molta attesa, nel vedere come sarà accolto il nuovo disco… In più l’annuncio dello scioglimento degli Afterglow, quando ancora non era chiaro cosa sarebbe accaduto dopo, ha sicuramente fatto “soffrire” qualcuno e creato un po’ di aspettativa in più.

Oggi per un artista è ancora importante il riscontro nelle classifiche di vendita o, alla fine, conta soprattutto riuscire a fare ciò in cui si crede?
Nel caso nostro, un po’ per scelta di contenuti e molto per l’oggettiva situazione in cui siamo, sicuramente la seconda. Le classifiche sono comunque sempre più asfittiche anche per i big, e crediamo che in futuro l’evoluzione-involuzione del music business ed il nuovo modo di fruire la musica da parte del pubblico (sempre più libero e consapevole) renderà giustizia a chi, seppure con grande fatica, scrive e suona solo ciò in cui crede.

Un gruppo è fatto di più persone e quindi di una mescolanza di idee. Come si riesce poi a far entrare tutto in delle nuove canzoni?
Non è semplice. Senza dilungarci troppo in tentativi di spiegazione di quelle che sono dinamiche molto delicate, complesse e specifiche di ogni band, diciamo che ci vuole molta esperienza, una discreta dose di talento come arrangiatori, pazienza e comprensione reciproca… e un po’ di culo… anche.

Nei live amate improvvisare o cercate di seguire una linea ben precisa?
Tendiamo a seguire una linea, con qualche divagazione se ci viene. Questo è nel contempo un pregio ed un difetto. Ma siamo molto militareschi nell’approccio al live, estremamente autocritici ed esigenti con noi stessi. La divagazione è una figata che però ci suona spesso estranea. Perché abbiamo un rispetto totale per la nostra musica e soprattutto per il pubblico, e inevitabilmente cerchiamo di offrire uno show che sia il più possibile all’altezza di ciò che “vendiamo” in un album. Come a dire che forse la ricerca della perfezione nella resa live dei pezzi ci penalizza come showmen (e quindi anche come improvvisatori da palco), probabilmente. Ma probabilmente non siamo showmen e non lo faremmo in ogni caso.
Puntiamo molto sulla potenza, sull’emozione, sulla grandiosità del suono per far decollare il pubblico. Credo che se potessimo suonare la nostra musica per la nostra gente facendoci vedere il meno possibile, lo faremmo volentieri.

fotoadamfrei21



Quanto conta la musica nella vostra vita?
Quanto conta la vita nella nostra musica? Posta così dà un’idea migliore dello stato d’animo che proviamo ogni giorno. :)

I giovani artisti quanto hanno da imparare dai loro predecessori?
I giovani artisti che non prendono spunto dai loro predecessori non esistono. E’ ipocrita chiunque sostenga il contrario. Quelli che sanno che c’è tanto da imparare e riescono a farne tesoro sono quelli che alla fine funzionano.

Oggi i giovani si sentono spesso in un clima di precariato. Succede anche a chi fa musica?
Che fai, prendi per il culo? :)

Quanto contano la sincerità e la naturalezza, quando si fa un disco?
Moltissimo. Il pubblico fiuta le finzioni. E poi come fai a fare le cose se non ci credi, si parla di musica in fondo, mica di pezzi di ricambio. Con le difficoltà che ci sono oggi a stare in piedi sarebbe assurdo il contrario.

Siete riusciti a mettere tutto quel che volevate in questo vostro lavoro discografico o qualcosa e rimasto fuori?
Almeno altrettante canzoni, che naturalmente ora ci sembra siano molto più belle di quelle che abbiamo scelto… E’ un’eterna insoddisfazione… E qualche pianoforte, a dirla tutta.

Come trovate si stia sviluppando il mondo della musica in questi ultimi anni?
In termini discografici, di business, è una devastazione completa. Non resterà più molto, e nel giro di poco. In termini di pubblico invece le cose non vanno affatto male. La musica è sempre più presente ed importante nella vita di ognuno di noi, ogni giorno. E il pubblico, salvo eccezioni, sembra stare maturando gusti più autonomi e liberi di un tempo, molto meno schiavo dei media tradizionali che per anni hanno proposto solo ciò che le case discografiche decidevano di far arrivare. Come musicisti, Internet ci sta ammazzando economicamente, ma ci sta restituendo una libertà artistica che non si respirava dagli anni ’60. Poveri ma belli, insomma.

Oggi è l’epoca dell’”usa e getta” (o “usa e dimentica”). C’è qualche disco che secondo voi dovrebbe essere invece preso in mano per più ascolti?
Moltissimi. Oggi ci sono gruppi, dischi di qualità eccezionale. Magari seminascosti, ma ci sono eccome. E poi naturalmente il nostro merita più di un ascolto, specie se non vi è piaciuto. Così almeno ci date una seconda magari una terza chance. In generale comunque se un disco è bello non viene dimenticato, e in un modo o nell’altro ritorna sempre fra le mani di chi lo ha scelto, attraversando anni e fasi della vita anche diversissime.

Musica e tv: un rapporto difficile?
Qualunque cosa abbia anche solo un vago sapore culturale oggi in TV non passa. Musica inclusa. Meglio le veline no? Ma passerà, la causa di tutto questo ha compiuto 75 anni, non può durare in eterno.

Quali sono i problemi più difficili da risolvere, quando si lavora ad un disco?
Molti, in effetti. Pratici e creativi. Fare un disco, farlo bene, è in effetti un lavoraccio. Questo è forse quello che più fa male quando viene scaricato illegalmente. Il fatto che senti che non gli si attribuisce alcun valore proprio come lavoro difficile, lungo, per il quale molte persone si sono rotte la testa per mesi, con il solo obiettivo di creare qualcosa di bello per chiunque vorrà goderne.

Siete soddisfatti per come, alla fine, è riuscito il vostro album?
Sì. Con tutti i suoi (nostri) limiti crediamo sia un bell’album, pieno, anche sotto la superficie, di contenuti importanti. Che può dare soddisfazione a chi lo ascolta almeno quanta ne ha data a noi portarlo a compimento. E’ un disco fatto con passione e con cura maniacale. Ed anche con rabbia, e molta energia. Insomma, ci siamo tutti, lì dentro. Ma poi… stiamo già pensando al prossimo, quindi forse non ce lo ricordiamo neanche più…

Sito ufficiale:

www.adamfrei.net

www.lunatik.it

 
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